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Modificato e recensito clinicamente da THE BALANCE Squadra
Fatto verificato

La sindrome dell’abbandono è legata ad una preoccupazione eccessiva o, addirittura, paura di un possibile allontanamento o perdita delle persone care. Tale condizione, spesso, deriva da una perdita o un trauma avvenuto durante l’infanzia, anche se può avere una serie di altre cause. Si tratta di un meccanismo complesso che porta il soggetto a perdere la fiducia negli altri e ad attuare comportamenti di allontanamento. Queste azioni, solitamente, finiscono con la compromissione delle relazioni sociali e con l’esito maggiormente temuto dal soggetto, ossia l’abbandono.

Nonostante sia più frequente nei bambini, può colpire anche gli adulti. Persino gli anziani non ne sono esonerati. Tale condizione impatta notevolmente sulla sfera sociale e sui rapporti interpersonali del soggetto. La sindrome dell’abbandono può avere una serie di sintomi e, se non trattata tempestivamente, può comportare ripercussioni nel lungo periodo. Per tale motivo, è necessario rivolgersi ad uno specialista il prima possibile. Questa condizione può essere trattata con la psicoterapia.

La sindrome dell’abbandono non è considerata una patologia psichiatrica, ma può rientrare nella categoria dei disturbi d’ansia. È caratterizzata dalla paura o dalla fobia dell’abbandono (nei casi più gravi) o di perdere i propri cari senza una ragione motivata. Questa manifestazione ansiosa si verifica fin dall’infanzia, quando un bambino subisce una perdita traumatica (di un genitore o di una persona cara). Il meccanismo che si innesca porta il bambino ad avere un timore irrazionale di poter perdere altre persone importanti nel corso della sua vita. Tuttavia, non è raro che il trauma dell’abbandono venga sperimentato anche in età adulta.

Questa sindrome può scatenare senso di abbandono e di solitudine, ansia da abbandono, paura dell’abbandono e dipendenza affettiva. Tale condizione può influenzare la vita e le relazioni sociali del soggetto, in quanto può impattare sui rapporti interpersonali e sul senso di fiducia e sicurezza dell’individuo. La sintomatologia può essere varia e può manifestarsi diversamente in adulti e bambini. Nei casi peggiori, tale sindrome può avere gravi ripercussioni sia a breve che a lungo termine. La paura dell’abbandono può essere trattata grazie alla psicoterapia, che insegna a gestire lo stress ed aiuta a ridurre le manifestazioni d’ansia. La terapia farmacologica, invece, serve come rimedio temporaneo per ridurre le acute crisi d’ansia che creano forte disagio.

Le cause della sindrome dell’abbandono possono essere molteplici e, solitamente, vanno ricercate nell’infanzia del soggetto. Tra i fattori principali, è possibile menzionare:

  • Morte di un parente stretto: come un genitore, un partner o chi si occupa del bambino (caregiver);
  • Abbandono emotivo: si verifica quando il genitore è fisicamente presente, ma emotivamente assente;
  • Trauma: come abusi, violenze, povertà, rifiuti e quant’altro;
  • Mancato supporto emotivo durante l’infanzia: per esempio, a seguito di una perdita;
  • Fattori di tipo sociale o ambientale;
  • Modelli di attaccamento: da ricercare nell’infanzia. L’attaccamento sicuro si instaura quando i genitori sono presenti, disponibili e sintonizzati con i bisogni dei figli. L’attaccamento insicuro può essere causato da difficoltà o rotture nello sviluppo dei bambini;
  • Predisposizione genetica;
  • Metodologia utilizzata per trattare l’abbandono;
  • Connessioni cerebrali: solo negli adulti, in quanto fanno parte del bagaglio cognitivo del soggetto.

Disclaimer: l’elenco proposto potrebbe non essere esaustivo.

I sintomi della sindrome dell’abbandono negli adulti possono essere diversi e sono principalmente legati alla mancanza di fiducia nel prossimo. Le persone che hanno subito un trauma da abbandono, in genere, hanno difficoltà a instaurare relazioni interpersonali durature, in quanto hanno paura di essere abbandonati. Tra i sintomi principali negli adulti, è possibile menzionare:

  • Costante ricerca e bisogno di compiacere gli altri;
  • Eccessiva generosità nelle relazioni;
  • Mancanza di fiducia negli altri;
  • Allontanamento delle persone care, a causa dell’incapacità di affrontare un loro giudizio negativo;
  • Forte insicurezza nelle relazioni di tipo sentimentale, sessuale o amicale;
  • Codipendenza affettiva;
  • Bisogno di essere amati e accettati dagli altri;
  • Desiderio di controllare gli altri;
  • Incapacità di interrompere relazioni tossiche, violente o negative;
  • Cambiare più partner, andando alla ricerca di conferme;
  • Insufficiente intimità emotiva;
  • Predisposizione per i rapporti tossici, in cui si viene trattati male dal proprio partner.

Disclaimer: l’elenco proposto non è da considerarsi necessariamente esaustivo.

I bambini manifestano fin da piccoli un certo grado di sindrome dell’abbandono. Infatti, soffrono fin da neonati di ansia da separazione. Per esempio, quando la mamma o il caregiver esce dal loro campo visivo o dalla loro percezione, si agitano e piangono perché credono di essere stati abbandonati. Poi, quando il genitore ritorna, li coccola e li fa sentire al sicuro, si tranquillizzano perché capiscono che la mamma è ancora lì. Questo comportamento del tutto naturale e normale durante lo sviluppo dei neonati va avanti finché non acquisiscono la consapevolezza che il genitore non li ha abbandonati nonostante non sia lì con loro in quel preciso momento.

L’ansia da separazione nei bambini raggiunge il suo apice tra i 10 e i 18 mesi e continua fino ai 3 anni. Questa condizione diventa problematica se i sintomi persistono a lungo dopo i 4 anni di età. Il bambino può, quindi, manifestare:

  • Paura persistente dell’abbandono;
  • Forte ansia o panico quando il genitore non si presenta ad un appuntamento, per esempio dopo scuola;
  • Attaccamento morboso e possessivo;
  • Paura di restare da solo, specialmente di notte;
  • Salute cagionevole (dovuta allo stress), senza un’apparente causa o malattia specifica;
  • Tendenza all’isolamento;
  • Atteggiamento ostile, aggressivo o scatti d’ira;
  • Tristezza persistente;
  • Disturbi del sonno;
  • Difficoltà di concentrazione;
  • Incubi notturni;
  • Scarsa autostima.

Nei casi più gravi, come a seguito della perdita di un genitore, il bambino può sviluppare meccanismi di coping disadattivi, come:

  • Disordine alimentare;
  • Aggressività fisica o verbale;
  • Autolesionismo.

Disclaimer: le informazioni fornite potrebbero non essere esaustive.

Nelle relazioni, le persone che soffrono della sindrome dell’abbandono tendono ad anticipare il rifiuto e a cercare segni di disinteresse nel partner. La paura è scatenata da segnali di rifiuto minimi o immaginari. Per esempio, il partner si mostra leggermente distaccato, è più freddo del solito, non risponde a un messaggio e così via. Questi comportamenti (che fanno parte della normalità) vengono interpretati dal soggetto come segno che il partner voglia lasciarlo. Così nasce il senso di colpa (il soggetto si incolpa per questo allontanamento), la scarsa autostima, il non sentirsi all’altezza, la sfiducia verso gli altri e quant’altro. D’altro canto, il soggetto può agire in modo possessivo, controllante, geloso, ma al tempo stesso può avere bisogno di continue rassicurazioni e conferme.

La persona che ha paura di essere abbandonata crede fermamente che la relazione non andrà avanti: non è questione di “se mi lascerà”, ma “quando mi lascerà”. Il soggetto crede di non poter essere amato o di non essere meritevole di amore e che il partner (o le altre persone) lo abbandoneranno sempre senza una spiegazione. Tuttavia, non si prende mai la responsabilità né riesce a comprendere il contributo che ha dato alla fine della relazione. Non si rende conto che mettere in dubbio il partner ha il suo peso nella morte del loro rapporto.

Per comprendere meglio le dinamiche che si verificano all’interno di un rapporto con una persona che soffre della sindrome dell’abbandono, ecco un esempio pratico dell’evoluzione della relazione:

  • Conoscenza dell’altro: in questa fase si è relativamente sicuri, in quanto non si è ancora coinvolti emotivamente;
  • Luna di miele: il soggetto sceglie di impegnarsi e passare col partner una grande quantità di tempo, perché lo fa stare bene e sentire sicuro;
  • Relazione reale: la luna di miele non può durare per sempre. In questa fase, sorgono i primi problemi (per esempio, cambiamenti lavorativi, problemi familiari ecc.). Qui il soggetto può iniziare a pensare che il partner si stia allontanando;
  • Leggero distacco: è del tutto normale che il partner, dopo la fase della luna di miele, si distacchi leggermente. Per esempio, non risponde a un messaggio, risulta più freddo del solito e così via. Si tratta di un passaggio consuetudinario all’interno di qualsiasi relazione, ma questo non significa che il partner si sia stancato o che lo/la voglia lasciare: il leggero distacco non ha nulla a che fare con il soggetto;
  • Reazione: il soggetto interpreta questo leggero distacco come un vero e proprio allontanamento. Le reazioni possono essere delle più disparate, come cercare prove dell’amore del partner (quindi, diventare più bisognoso di affetto), rifiutare l’altro prima di essere rifiutati, sentirsi in colpa per quel leggero distacco e trasformarsi nel “partner perfetto”, essere accondiscendenti, ecc.;
  • Punto di vista del partner: il partner non comprende cosa sta succedendo e nota un cambiamento di personalità. Nonostante le tante rassicurazioni del partner, nulla cambia. Questi comportamenti non faranno altro che allontanare il partner e portarlo a lasciare il soggetto.

Esistono alcuni disturbi e condizioni in cui si manifestano la paura dell’abbandono e la dipendenza affettiva. Vediamo quelli principali:

  • Disturbo di personalità evitante: comporta la paura di essere abbandonati e la sensazione di sentirsi socialmente inadeguati;
  • Disturbo di personalità borderline: può scaturire da un vissuto di abusi fisici o sessuali durante l’infanzia o da un contesto familiare altamente conflittuale. In questa prospettiva, la paura dell’abbandono gioca un ruolo fondamentale;
  • Disturbo d’ansia da separazione: si manifesta specialmente nei bambini, ma può interessare anche gli adulti, e interferisce con le attività quotidiane del soggetto. Anche in questo caso, l’ansia viene innescata dalla paura di essere abbandonati. L’ansia da abbandono può provocare altri disturbi, quali:
    • Attacchi di panico;
    • Angoscia al pensiero di separarsi dai propri cari;
    • Rifiuto di uscire di casa senza un genitore o di essere lasciato solo;
    • Incubi notturni;
    • Disturbi fisici, come mal di stomaco o mal di testa, quando si è separati dai propri cari.

Disclaimer: l’elenco fornito potrebbe non essere esaustivo, in quanto vengono presentate solo le condizioni principali associate al disturbo.

Se non trattato, il trauma da abbandono può avere serie conseguenze a medio-lungo termine. Tra queste, è possibile ricordare:

  • Difficoltà a instaurare relazioni di ogni tipo (intime e non);
  • Scarsa autostima;
  • Incapacità di fidarsi degli altri;
  • Problemi di gestione della rabbia;
  • Cambiamenti di umore;
  • Dipendenza affettiva;
  • Paura dell’intimità;
  • Disturbi d’ansia;
  • Attacchi di panico;
  • Disturbi depressivi;
  • Pensieri o atti suicidari.

I bambini, come già menzionato, possono incorrere in disturbi alimentari, comportamentali e autolesionismo.

Disclaimer: l’elenco proposto potrebbe non essere esaustivo.

Il trattamento della sindrome dell’abbandono prevede la psicoterapia, in particolare la terapia cognitivo comportamentale. Lo specialista (psicologo, psicoterapeuta o psichiatra) aiuta il paziente ad identificare le esperienze di abbandono e, quindi, a riconoscere la causa delle sue paure. Successivamente, vengono identificati i pensieri negativi e disfunzionali che il paziente ha elaborato, in quanto irrealistici. Con la terapia, al soggetto verrà insegnato a sostituire questi pensieri disfunzionali e irrealistici con pensieri funzionali e realistici. Questo è il momento più delicato, in quanto il paziente deve convincersi che questo nuovo modo di elaborare i pensieri sia effettivamente quello corretto. È un percorso che richiede tempo, pazienza e dedizione.

La psicoterapia, inoltre, aiuta il paziente a delineare dei confini sani nelle relazioni. In questo modo, riuscirà ad evitare di incorrere nella dipendenza affettiva, nei comportamenti che lo spingono a cercare di compiacere gli altri in continuazione e in altre azioni che compromettono l’instaurarsi di relazioni sane. Il paziente sarà in grado di riacquisire la fiducia negli altri, avere maggiore sicurezza, condurre una vita più soddisfacente e non avere problematiche di tipo relazionale.

Anche dopo il termine della terapia, il soggetto deve essere in grado di gestire le proprie emozioni autonomamente. Alcune tecniche possono includere:

  • Riconoscere i pensieri disfunzionali e riformularli razionalmente: per esempio, se il partner non risponde al telefono, questo non vuol dire che non voglia o che si sia stancato, ma forse potrebbe essere indaffarato o avere un problema di altra natura che effettivamente gli sta impedendo di rispondere;
  • Prendersi cura di sé: è necessario praticare esercizio fisico regolarmente, seguire un regime alimentare sano ed equilibrato, cercare di ridurre i fattori di stress e dormire abbastanza;
  • Mantenere le relazioni con gli altri: il soggetto che ha paura dell’abbandono spesso tende ad isolarsi o ad allontanare le persone vicine. Invece, è importante preservare i rapporti con gli amici, creando forti connessioni;
  • Stabilire il tempo per hobby, attività piacevoli e ricreative, sia da fare da solo che in gruppo;
  • Contattare il proprio terapista se i sintomi dovessero tornare.

Disclaimer: le informazioni fornite non sono da considerarsi necessariamente esaustive. 

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