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La schizofrenia paranoide è un disturbo della sfera psicologica che si manifesta con frequenti deliri ed allucinazioni sensoriali, principalmente a carattere uditivo.

I soggetti affetti da questo disturbo fanno esperienza di interferenze mentali psicotiche, che compromettono la capacità dell’individuo di restare in contatto con la realtà e l’ambiente circostante. Sebbene le funzioni cognitive dei pazienti schizofrenici risultino conservate, gli individui affetti paranoici perdono la capacità di processare correttamente le informazioni assorbite dall’ambiente circostante, nutrendo un costante sospetto verso i l’ambiente esterno ed i soggetti ad essi vicini.

I sintomi della schizofrenia paranoide comprendono delle manifestazioni cognitive, comportamentali ed emotive carattersitiche, con alterazioni del pensiero, discorsi disorganizzati e spesso incoerenti (insalata di parole), atteggiamento guardingo, ed espressioni di rabbia. Nelle sue forme più severe, questo disturbo può arrivare a compromettere del tutto la funzionalità del paziente, e la sua capacità di prendersi cura di sé stesso.

La schizofrenia paranoide è una condizione cronica, la cui sintomatologia tende a persistere per tutta la durata della vita del paziente, con conseguente disadattamento dell’individuo nei confronti della sfera sociale, lavorativa e personale.

Così come per molti dei disturbi mentali descritti nel manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, anche l’eziologia della schizofrenia paranoide rimane non del tutto chiara. La letteratura medica sembra contemplare diverse teorie multifattoriali che prevederebbero una predisposizione genetica esacerbata da specifici trigger (solitamente traumi) in età adolescenziale o adulta. Se il coinvolgimento della componente ereditaria poteva vantare solamente l’osservazione empirica della pratica medica, l’avanzamento tecnologico e gli strumenti moderni hanno portato all’individuazione di specifici geni coinvolti nello sviluppo di questo disturbo, la cui sintomatologia sembrerebbe interessare i circuiti dopaminergici e serotoninergici. 

Oltre la genetica

Ma la componente genetica contemplata dalla teoria multifattoriale non sarebbe sufficiente per fornire un modello capace di spiegare l’insorgenza della patologia. Secondo la letteratura medica, i sintomi della schizofrenia paranoide sarebbero da ricondursi ad alterazioni della struttura cerebrale, soprattutto nella regione ippocampale, e alterazione dei neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale. Il rischio di sviluppare un disturbo paranoide sembrerebbe essere maggiore nei pazienti affetti da disturbi del neurosviluppo, spesso collegati ad eventi precedenti alla nascita, come infezioni materne durante la gravidanza o complicazioni associate ad ipossia durante il parto. A completare la teoria multifattoriale ci sarebbero elementi psicosociali, come gravi difficoltà di comunicazione all’interno del nucleo familiare.

Cause e concause

Come abbiamo avuto modo di vedere nei paragrafi precedenti, la teoria multifattoriale contempla uno o più trigger, fenomeni scatenanti che andrebbero ad esacerbare una predisposizione genetica e diversi fattori di rischio. 

La sintomatologia paranoide può essere associata (nella sua insorgenza, remissione e ricorrenza) ad eventi stressanti che possono essere di diversa natura: 

  • psicologica (incertezze finanziarie, difficoltà relazionali, delusioni personali, lutti) 
  • ambientale (contaminazione da tossine o sostanze inquinanti)
  • chimica (assunzione di farmaci o sostanze stupefacenti)

Nonostante i tangibili passi in avanti fatti negli ultimi decenni nella comprensione di questa patologia, la condizione schizofrenica e gli individui affetti sono tuttora vittime di stereotipi e false convinzioni

Allo stato attuale, la medicina non è in grado di offrire strumenti terapeutici che possano garantire di guarire dalla schizofrenia paranoide. La sintomatologia della condizione schizofrenia tende a rimanere con il paziente per tutta la durata della sua, e sebbene l’individuo possa godere di lunghi periodi di remissione o di facile gestione dei sintomi, in nessuno circostanza è possibile escludere una possibile riacutizzazione con ritorno dei sintomi paranoidi.

Sebbene i sintomi della schizofrenia paranoide possano interferire con la capacità del soggetto di funzionare all’interno della società, sia da un punto di vista professionale che sociale, nella maggior parte dei casi i sintomi presentano dei tratti ciclici con delle fasi di remissione che permettono agli individui di condurre una vita relativamente normale.

La diagnosi della schizofrenia avviene al termine di un iter diagnostico composto da diversi passaggi. I criteri descritti nel Manuale Statistico e Diagnostico dei disturbi mentali, delineano le condizioni da soddisfare per poter ritenere la diagnosi valida. Un primo principio da essere soddisfatto è di tipo temporale: le manifestazioni cognitive e comportamentali devono persistere per un lasso di tempo significativo (almeno 6 mesi), e devono includere uno o più episodi di delirio e allucinazioni uditive. 

Il soggetto deve inoltre presentare dei sintomi che collimino con la descrizione del disturbo schizofrenico e delle sue manifestazioni, fra cui: 

  • Un eloquio confuso, disorganizzato, spesso definito come “insalata di parole” in ambito terapeutico
  • Comportamento disorganizzato con tendenza alla catatonia, all’apatia
  • Sfera affettiva appiattita. Il soggetto non mostra una connessione emotiva con l’ambiente circostante e le persone care

L’iter diagnostico comprende inoltre la diagnosi differenziale: la valutazione del curante deve poter escludere la comorbidità di altre condizioni che potrebbero manifestarsi con sintomi simili a quelli della schizofrenia paranoide, come disturbi del metabolismo, infezioni, sifilide, sindrome da immunodeficienza acquisita, lesioni cerebrali o patologie del sistema nervoso centrale. Il curante deve inoltre escludere l’assunzione di sostanze stupefacenti o farmaci che potrebbero favorire l’insorgenza di sintomi simili a quelli della schizofrenia. 

Il terapeuta dovrà infine eseguire una valutazione dello stato mentale ed emotivo del paziente, per escludere la presenza di disturbi dell’umore associati a manifestazioni psicotiche, come può essere saltuariamente il caso della depressione maggiore La diagnosi della schizofrenia è solitamente successiva all’esecuzione dei test ematochimici e delle valutazioni neuropsicologiche, mirate a escludere terze patologie.

La schizofrenia paranoide può manifestarsi con un ampio ventaglio di possibili sintomi. Fra le manifestazioni più comuni, tuttavia, troviamo: 

Deliri: fissazioni e convinzioni irrazionali basate su errori interpretativi e pattern cognitivi patologici. Il paziente paranoico matura delle convinzioni erronee che difenderà di fronte a qualsiasi evidenza contraria. Sebbene il Manuale Statistico e Diagnostico dei disturbi mentali descriva diversi tipi di delirio, nella schizofrenia paranoide essi tendono ad essere di natura bizzarra e/o persecutoria.

I pazienti affetti da schizofrenia paranoide nutrono la convinzione di essere vittime di pedinamenti, tentativi di avvelenamento o aggressione, di essere spiate o sfruttate (psicosi paranoide). I pattern cognitivi paranoidi tendono a non contemplare la casualità: il paziente paranoico crede che ogni avvenimento nell’ambiente esterno sia correlato alla sua esistenza e alla sua persona.

Nella schizofrenia paranoide, è spesso presente una forte preoccupazione in merito alla lealtà o all’affidabilità delle persone care (in special modo delle relazioni extra-familiari).Allucinazioni: Le allucinazioni sono fenomeni percettivi che portano il soggetto che ne è affetto a fare esperienza di stimoli falsi o distorti. Nel disturbo schizofrenico paranoide, i soggetti tendono a presentare allucinazioni di tipo uditivo, che solitamente vanno a rinforzare i pattern cognitivi deliranti. 

Le allucinazioni uditive solitamente non portano ad un deterioramento del senso di sé. Tuttavia, i fenomeni allucinatori possono avere caratteristiche ingravescenti e favorire l’insorgenza di comportamenti violenti e rabbiosi, talvolta autolesionisti.

Il trattamento della schizofrenia può risultare particolarmente complesso. In sede terapeutica, il curante dovrà arrivare ad una diagnosi precisa avendo cura di sondare altre possibili condizioni psicologiche e fisiologiche con sintomatologia potenzialmente simile (come alcune patologie del sistema nervoso centrale). 

Una volta appurata la presenza di un disturbo paranoide di natura schizofrenica, spetterà al professionista elaborare, attraverso il feedback del paziente, una terapia che possa consentire la remissione dei sintomi o facilitarne la gestione. L’obiettivo del percorso di cura è infatti quello di restituire all’individuo una sua indipendenza, arrivando alla remissione dei sintomi e dotando l’individuo di strategia per gestire le manifestazioni paranoiche. 

Il trattamento della schizofrenia poggia su tre pilastri portanti, che sono: 

.

Terapia Farmacologica 

Mirata alla remissione dei sintomi, la terapia farmacologica prevede la somministrazioni di composti antipsicotici  che regolano l’attività del recettore della dopamina e della serotonina, neurotrasmettitori coinvolti nell’insorgenza e nella remissione e nella riacutizzazione dei sintomi. 

Fra i composti farmaceutici utilizzati nel trattamento della schizofrenia troviamo gli antipsicotici di prima e seconda generazione, utilizzati nel trattamento dei sintomi “positivi” e “negativi” del disturbo. A differenza della prima categoria di farmaci, gli antipsicotici di seconda generazione presentano un minor rischio di effetti collaterali legati all’interferenza con il sistema extrapiramidale (principalmente discinesia e parkinsonismo).

La somministrazione dei composti farmaceutici deve sempre essere approvata dal medico curante, che parallelamente alla scelta dei farmaci indicherà anche l’esatta posologia e le modalità di assunzione. Cambiamenti repentini nel dosaggio assunto possono aumentare il rischio di effetti collaterali. 

Psicoterapia 

Il confronto con un professionista cognitivo-comportamentale può risultare di grande beneficio al paziente, soprattutto quando combinato con il trattamento farmacologico. Secondo diversi studi, l’integrazione della terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento della schizofrenia migliorerebbe la prognosi ed il decorso della patologia, aiutando non solo a gestire i sintomi in modo più efficace, e di fatto andando a migliorare la qualità di vita del paziente, ma prevenendo anche potenziali ricadute di difficile gestione.

In sede terapeutica, il curante aiuterà il paziente schizofrenico ad elaborare ed affrontare le difficoltà sociali, psicologiche e cognitive, nonché a distinguere tra elementi della realtà e fenomeni allucinatori come deliri psicotici ed allucinazioni uditive. La terapia cognitivo-comportamentale e la somministrazione di farmaci sono propedeutici al reinserimento dell’individuo nella società. 

Le patologie che interessano la sfera psicologica presentano spesso una prognosi incerta, con una varianza marcata ed esiti molto diversi nei soggetti che ne sono affetti. Nelle sue varie manifestazioni, la schizofrenia presenta dei caratteri cronici ed una sintomatologia che solitamente non scompare mai del tutto, seppur con periodi di remissione che possono durare anni. 

Come abbiamo avuto modo di vedere, alla diagnosi iniziale fa seguito un intenso lavoro terapeutico che si basa sia sul confronto con un professionista dell’igiene mentale sia su un sostegno farmacologico che contribuisce a lenire la sintomatologia e l’impatto sulla funzionalità del soggetto. 

Gli individui con diagnosi di schizofrenia paranoide possono necessitare di un breve ricovero ospedaliero nelle fasi di riacutizzazione della malattia (soprattutto in presenza di tendenze violente), e di un continuo sostegno terapeutico. Tuttavia, in una significativa percentuale dei casi la terapia farmacologica continuativa unita al percorso terapeutico con un professionista dell’igiene mentale, restituisce al soggetto la possibilità di condurre una vita relativamente normale. 

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