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Modificato e recensito clinicamente da THE BALANCE Squadra
Fatto verificato

Il Binge Eating Disorder è un disturbo del comportamento alimentare (DCA) ed è caratterizzato da abbuffate, senza comportamenti di compenso. In genere, tale disturbo compare nella tarda adolescenza. Tuttavia, non è raro che possa interessare anche bambini e adulti. Inizialmente, la persona non è completamente cosciente di soffrire di tale disturbo, in quanto si presenta in momenti di stress dove l’individuo è spinto a cercare sollievo mediante l’ingestione di cibo. In realtà, si tratta di una vera e propria crisi di alimentazione incontrollata, in quanto il soggetto non riesce a smettere di mangiare, anche in assenza dello stimolo della fame.

Tale meccanismo di gratificazione attraverso il cibo può avere, tra le altre cause, un fattore scatenante di natura psicologica. Non a caso, infatti, questi episodi insorgono quando la persona è afflitta da ansia, tensione, agitazione, malinconia, rabbia, preoccupazione e altre emozioni che alterano il normale stato emotivo dell’individuo. Determinati alimenti, specialmente gli zuccheri, i grassi e il cibo salato, aiutano la persona a sentirsi momentaneamente meglio, in maniera ovviamente malsana. Così si innesca una sorta di circolo vizioso, in cui il soggetto ricorrerà sempre più a questo metodo per sfogare le proprie emozioni, spesso inconsciamente.

Il Binge Eating Disorder (BED) viene chiamato in italiano “disturbo da alimentazione incontrollata” ed è caratterizzato da ricorrenti abbuffate, ossia l’ingestione di elevate quantità di cibo in un breve periodo di tempo. È molto simile alla bulimia, ma senza l’atto di eliminare quello che si ha mangiato attraverso il vomito o altri atti di compensazione. Come già precedentemente accennato,

L’individuo non riesce ad avere il controllo su ciò che mangia e sulle quantità di cibo che ingerisce, finendo così per non riuscire a smettere. Solitamente, questi soggetti mettono in atto dei veri e propri rituali, come abbuffarsi al rientro dal lavoro, alla sera tardi, davanti alla TV, a metà mattina e così via. Spesso, la persona mangia di nascosto e predilige alimenti molto saporiti, come i dolci, i salatini e quant’altro. Come già menzionato, il soggetto spesso non si rende conto di soffrire di tale disturbo, motivo per cui può diventare difficile anche farglielo ammettere. Talvolta, invece, ne è perfettamente consapevole, ma cerca di nasconderlo. L’accettazione è il primo passo per farsi aiutare nel trattamento del Binge Eating Disorder.

Nonostante le cause specifiche che scatenano il Binge Eating Disorder siano tuttora poco chiare, è possibile individuare alcuni fattori concomitanti che possono dare origine al disturbo, quali:

  • Fattori genetici: alcuni studi hanno evidenziato che le persone affette da Binge Eating spesso hanno un altro familiare che soffre dello stesso disturbo. Di qui, si è giunti alla conclusione di una possibile correlazione e predisposizione genetica;
  • Fattori neuroendocrini: anche le alterazioni ormonali possono essere responsabili del disturbo. I principali ormoni indagati sono l’insulina, l’adiponectina, la leptina e la grelina;
  • Fattori evolutivi e affettivi: è possibile ascrivere l’insorgenza delle abbuffate a eventi problematici accaduti durante l’infanzia del soggetto. Per esempio, esperienze difficili, disturbi depressivi nei genitori, tendenza all’obesità, ripetuta esposizione a critiche sul proprio peso, forma e alimentazione;
  • Fattori sociali, culturali e ambientali: tutto ciò che circonda l’individuo può essere una potenziale causa scatenante l’abbuffata. Per esempio, le problematiche lavorative, lo stress eccessivo, il disagio in un contesto sociale, i commenti negativi sul proprio aspetto fisico e quant’altro.

Sebbene possano associarsi diversi fattori che contribuiscono all’insorgenza del disturbo, la componente comune è sempre di carattere emotivo e/o psicologico. La persona, infatti, si rifugia nel cibo e, quindi, si abbuffa per alleviare determinate sensazioni negative, siano esse di tristezza, rabbia, stress, agitazione o altro. Alla base vi è sempre il tentativo di attenuare una sofferenza emotiva o psicologica, compensandola con il cibo. Molto spesso, Binge Eating e depressione, infatti, sono collegati. In altri casi, invece, il soggetto ha difficoltà a controllare gli impulsi o a gestire i propri stati d’animo. Anche la bassa autostima, l’insoddisfazione, la solitudine, la noia e la malinconia possono contribuire a innescare tale disordine alimentare.

Disclaimer: le informazioni fornite potrebbero non essere esaustive.

Tale disturbo può essere difficile da diagnosticare, specialmente se il paziente lo nasconde o non collabora. In linea generale, vi sono una serie di criteri diagnostici che aiutano lo specialista ad individuare il BED, quali:

  • Le abbuffate da parte del soggetto sono ricorrenti e si associano a:

o   Mangiare molto più velocemente del solito;

o   Mangiare fino a sentirsi molto pieni (sensazione sgradevole);

o   Mangiare elevate quantità di cibo senza avere lo stimolo della fame;

o   Mangiare in solitudine per vergogna;

o   Provare disgusto per sé, depressione e senso di colpa dopo ogni abbuffata.

  • Le abbuffate si verificano almeno 2 volte a settimana per almeno 6 mesi;
  • Le abbuffate non sono seguite da atti di compenso, come vomito autoindotto, utilizzo di lassativi, eccessivo esercizio fisico ecc.;
  • Le abbuffate sono accompagnate da forte disagio.

Oltre a ciò, il soggetto ha la sensazione di non riuscire a smettere di mangiare. Come già accennato, tale comportamento è indotto dalla compensazione di emozioni spiacevoli attraverso il cibo. Infatti, quando una persona ingerisce determinati alimenti, come quelli dolci, salati o molto saporiti, il cervello produce maggiori quantità di dopamina, ossia l’ormone del piacere e della ricompensa. Tale sostanza fa sentire il soggetto euforico e appagato, motivo per cui l’individuo è spinto ad abbuffarsi e a rinforzare, quindi, questa pessima abitudine. Questo lo porterà sempre più a trovare rifugio e appagamento nel cibo, instaurando un vero e proprio disturbo di alimentazione incontrollata. A tal proposito, è molto importante iniziare a tenere un diario alimentare (previo consiglio medico) per vedere quando tali episodi compaiono (se vi sono, per esempio, dei rituali ricorrenti) e a quali emozioni si associano (per comprendere quali stati emotivi innescano il disturbo).

Il sintomo principale del Binge Eating Disorder sono le abbuffate, ossia il consumo di elevate quantità di cibo nel giro di poco tempo. A differenza di altri disturbi alimentari, come la bulimia, il soggetto non mette in atto quei comportamenti di compensazione, per esempio vomitare, abusare di lassativi o diuretici, fare eccessiva attività fisica e quant’altro. Infatti, il disturbo da alimentazione incontrollata viene riscontrato più frequentemente nei soggetti obesi e che si sottopongono spesso a diete fallimentari.

L’individuo affetto da BED si abbuffa regolarmente, almeno 2 volte a settimana, per lunghi periodi di tempo (almeno 6 mesi). Inoltre, nonostante non senta lo stimolo della fame, continua a mangiare fino a raggiungere una sensazione di pienezza sgradevole. Questa può comportare anche la manifestazione di sintomi fisici, come mal di stomaco, crampi e gonfiore addominale. Durante le abbuffate, il soggetto non ha il controllo sull’ingestione di cibo, motivo che gli causa senso di colpa, vergogna e disagio.

In linea generale, i sintomi principali del BED includono:

  • Abbuffate ricorrenti;
  • Mangiare senza avere lo stimolo della fame;
  • Senso di sazietà dolorosa;
  • Perdita di controllo;
  • Disturbi digestivi;
  • Senso di colpa, imbarazzo e vergogna;
  • Bassa autostima;
  • Abbuffarsi in solitudine e di nascosto;
  • Depressione;
  • Abbassamento dell’umore;
  • Immagine molto negativa di sé e del proprio corpo;
  • Aumento di peso;
  • Comportamento impulsivo;
  • Dolore e crampi addominali;
  • Desiderio di cibo zuccherato o salato;
  • Pesantezza di stomaco;
  • Meteorismo;
  • Gonfiore di stomaco.

Disclaimer: l’elenco proposto non è da considerarsi esaustivo, in quanto vengono esposti solo i sintomi principali associati a tale disturbo.

Purtroppo, il Binge Eating può portare a spiacevoli conseguenze. Siccome il soggetto non mette in atto pratiche di compensazione, con il passare del tempo tale disturbo provoca un aumento di peso. Tale aumento ponderale, a sua volta, è responsabile della comparsa di determinati disturbi e patologie fisiche. Innanzitutto, può peggiorare la condizione di obesità dell’individuo. Si ricorda, infatti, che le persone molto in sovrappeso sono la categoria più colpita dal disturbo. Inoltre, può comportare serie complicazioni al cuore, come malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione (pressione alta). Tale disturbo può portare anche a sviluppare apnee notturne.

Altre problematiche fisiche derivanti dall’aumento di peso indotto dal BED includono:

  • Problemi muscolo-scheletrici, in quanto il fisico viene sottoposto ad un carico maggiore, con conseguenti danni alle articolazioni o alla postura;
  • Alterazioni ormonali;
  • Disfunzioni sessuali;
  • Patologie respiratorie;
  • Problemi di fertilità.

Altre conseguenze legate al Binge Eating sono di carattere sociale. Infatti, tale disturbo può compromettere i rapporti interpersonali, a causa dell’aumento di peso e della sofferenza psicologica. Questo può portare ad un sempre maggiore isolamento del soggetto, con conseguente e significativo peggioramento della qualità di vita dell’individuo.

Disclaimer: l’elenco proposto potrebbe non essere esaustivo.

Il primo passo per risolvere tale disturbo, come già accennato, è l’accettazione. Spesso, infatti, tali soggetti tendono a mascherare o nascondere il BED e sta proprio allo specialista riuscire a instaurare un rapporto di fiducia con il paziente in modo che possa aprirsi. La correzione delle abitudini alimentari, infatti, da sola non basta, in quanto il problema di fondo è di origine emotiva e/o psicologica.

Il trattamento più adeguato, quindi, è rappresentato dalla terapia cognitivo-comportamentale. Il paziente verrà seguito da uno specialista, uno psicologo o uno psichiatra, per indagare le cause psicologiche ed emotive sottostanti. Tale percorso è volto a modificare il proprio rapporto con il cibo e a correggere gli stati emotivi che portano alla perdita di controllo da parte dell’individuo. Inizialmente, il soggetto capirà e accetterà il fatto che si rifugiava nel cibo per compensare un qualche squilibrio emotivo. Dopodiché, imparerà a raggiungere dei compromessi e a lavorare sulla gestione delle proprie emozioni. Infine, riuscirà a ridurre sensibilmente gli episodi di abbuffate e a riprendere il pieno controllo. Si tratta di un percorso lento e graduale.

Alla terapia cognitivo-comportamentale viene affiancato, solitamente, un supporto dietetico-nutrizionale, volto a modificare le abitudini alimentari scorrette. Il paziente viene rieducato in fatto di alimentazione, in modo da evitare il cibo spazzatura e preferire gli alimenti sani. Inoltre, gli verrà insegnato a riconoscere il tipo di fame, così da nutrirsi correttamente quando vi è la necessità fisica e a resistere quando lo stimolo a mangiare è di natura psicologica e/o emotiva.

A ciò, è necessario implementare anche una regolare attività fisica. Fare sport, infatti, permette di mantenere in salute l’organismo. Non solo fa bene al corpo, ma anche alla mente. Durante le attività sportive, infatti, il cervello produce determinate sostanze, come le dopamine e le endorfine, che migliorano l’umore, aumentano l’autostima e abbassano i livelli di stress.

In alcuni casi, il Binge Eating viene trattato con la terapia farmacologica a base di antidepressivi.

Disclaimer: le informazioni fornite non sono da considerarsi esaustive e, soprattutto, non intendono in alcun modo sostituire le indicazioni fornite dal medico.

Per aiutare una persona che soffre di disturbi alimentari, è necessario:

  • Non commentare né in positivo né in negativo le sue abitudini alimentari o i suoi cambiamenti corporei. Qualsiasi commento o critica, infatti, potrebbe innescare nella persona il comportamento compulsivo.
  • Non parlare di diete o di conteggio calorico. La persona che soffre di disturbi alimentari, infatti, è costantemente afflitta da questi pensieri che si trasformano in ansia legata all’alimentazione.
  • Evitare di commentare il suo modo di mangiare. Ci penserà uno specialista a farle notare la gravità della sua condizione con il giusto approccio. Per aiutare una persona che soffre di disturbi alimentari, è necessario rapportarsi ad essa senza giudicarla o farle pressione.
  • Ascoltare senza giudicare. È opportuno ascoltare la persona senza avere pregiudizi sul modo in cui affronta il momento dei pasti o su come si rapporta con il cibo. Anche quando dice cose incomprensibili e innaturali, è necessario ascoltarla senza dare il proprio giudizio, positivo o negativo che sia.
  • Non consigliare diete, rimedi miracolosi, sostituzioni con alimenti più light, allenamenti di vario tipo per perdere peso o digiuni. Sarà lo specialista, dopo aver analizzato il singolo caso, a raccomandare la terapia o il regime alimentare più adeguato.

Invece, possono essere d’aiuto altri comportamenti, come:

  • Interessarsi al suo stato d’animo, chiedendole come sta o cosa voglia fare, per esempio. Come già menzionato in precedenza, infatti, la persona affetta da BED tende a sfogare le proprie emozioni negative sul cibo. Una conversazione con un amico o un familiare, a volte, può aiutarla a sentirsi meglio.
  • Proporre attività da fare insieme può aiutare a distogliere l’attenzione dalle preoccupazioni legate all’alimentazione o di altro genere. Tuttavia, è necessario fare attenzione al tipo di attività da proporre. Meglio optare per hobby creativi che non richiedano sforzo fisico, in quanto potrebbero innescare il comportamento compulsivo.
  • Suggerire la psicoterapia. Purtroppo, la sola forza di volontà e parlare con un amico da sole non bastano per risolvere un disturbo alimentare. L’aiuto di uno psicoterapeuta è indispensabile. Tale suggerimento può essere cruciale per far capire alla persona che necessita di un aiuto professionale. A tal proposito, però, è necessario trovare un modo funzionale per dirglielo, così che possa accogliere l’idea positivamente senza rifiutarla a priori.

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