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Più comunemente conosciuta con il come di anoressia, l’anoressia nervosa è un disturbo dell’alimentazione a carattere psicologico che si manifesta con l’adozione di abitudini alimentari estremamente restrittive, che comportano calo del peso corporeo accompagnato da un forte disagio associato all’idea di poter aumentare di peso e da una percezione distorta del proprio corpo e delle proporzioni fisiche.
Come aiutare una persona anoressica
I soggetti affetti da questo disturbo tendono ad adottare abitudini ossessive per controllare il proprio aspetto fisico e peso corporeo, arrivando a modificare sostanzialmente la propria quotidianità per assicurarsi di non ingrassare. Il mancato trattamento della condizione può portare alla cronicizzazione del disturbo, con gravi ripercussioni sulla sfera sociale, fisica e psicologica del soggetto.
L’incidenza del disturbo anoressico è stata analizzata in diversi studi, con risultati tuttavia discordanti. La maggior parte degli studi è tuttavia concorde nel dire che l’incidenza di questo disturbo non abbia subito marcati cambiamenti negli ultimi 30 anni. I dati ricavati dalla letteratura medica suggerirebbero una prevalenza del disturbo nell’intorno dello 0,3%, percentuale successivamente portata allo 0,4 e 0,5%.
La determinazione dell’estensione di questo disturbo è ostacolata dalla definizione dell’anoressia, i cui sintomi possono variare sensibilmente da soggetto a soggetto ed ostacolare il processo di quantificazione. L’esordio della malattia avviene solitamente tra i 13 ed i 26 anni, ma nella maggior parte dei casi i sintomi insorgono fra i 15 ed i 19 anni. Se prima il disturbo si riteneva colpire esclusivamente gli adolescenti ed i giovani adulti, studi recenti hanno dimostrato che l’anoressia può interessare anche le fasce d’età più avanzate.
L’anoressia è un disturbo prettamente femminile, con oltre il 90% dei casi registrato in adolescenti e giovani donne. Il rapporto fra uomini e donne viene stimato fra l’1:10 e l’1:8 da diversi studi. Studi recenti sembrerebbero dimostrare un recente aumento del numero di soggetti maschi affetti da questo disturbo. Tuttavia, una parziale spiegazione potrebbe essere il progressivo abbattimento dello stigma legato all’intervento terapeutico, e la conseguente disponibilità a cercare aiuto.
L’esordio dell’anoressia nervosa è caratterizzato dalla comparsa di sintomi comportamentali, principalmente legati alle abitudini alimentari del soggetto, che spesso si accompagnano a sintomi psicologici caratteristici dei disturbi ansiosi e depressivi.
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Il soggetto affetto da anoressia nervosa comincerà a ridurre la frequenza dei suoi pasti e le porzioni consumate durante la giornata. Sebbene in alcuni casi la patologia possa avere un esordio acuto, con un drastico cambiamento delle abitudini alimentari nell’arco di pochi giorni, più frequentemente la riduzione della quantità di cibo ingerito avviene in maniera graduale, nell’arco di diverse settimane o mesi.
Quando l’anoressia diventa cronica, la condizione può associarsi a diversi sintomi fisici. L’eccessivo calo di peso che caratterizza la condizione anoressica può avere severe ripercussioni sul corpo del soggetto che ne è affetto, con potenziale comparsa di:
I sintomi associati all’anoressia nervosa comprendono diverse manifestazioni psicologiche che completano il quadro diagnostico della patologia.
Caratteristici dei disturbi alimentari, sono i problemi di autostima. L’associazione dell’idea del sé al proprio aspetto fisico è un elemento ricorrente nelle condizioni patologiche legate abitudini alimenti smoderate. Il soggetto affetto da anoressia svilupperà un’ossessione nei confronti del proprio aspetto fisico, con un controllo ossessivo e scrupoloso del proprio peso e delle proporzioni corporee, spesso covando un continuo senso di profonda insoddisfazione nei confronti della propria immagine.
L’anoressia è una condizione che interessa tanto la sfera comportamentale quanto quella psicologica. In sede terapeutica, il soggetto affetto da anoressia è solito mostrare sintomi riconducibili a diversi disturbi psicologici.
Il trattamento dell’anoressia non può prescindere da un esatto inquadramento diagnostico, per arrivare al quale è necessario procedere al vaglio di altri disturbi.
I disturbi del tono umorale possono manifestarsi con alterazioni dell’appetito. Sebbene in alcuni casi il paziente depresso possa cercare consolazione nel cibo, arrivando quindi a mostrare un significativo aumento di peso, molto spesso la depressione si manifesta con un forte calo ponderale, associato ad una diminuzione dell’appetito. In sede diagnostica, il terapeuta è chiamato a vagliare questa ipotesi. Il soggetto il cui calo ponderale sia dovuto ad un abbassamento del tono umorale, si distingue dal paziente anoressico per l’assenza di disturbi della percezione del sè.
L’eziologia del disturbo non è chiara. Studi recenti propongono teorie multifattoriali, in cui fattori biologici, sociali, psicologici e genetici concorrano nell’insorgenza del disturbo.
Il senso di sazietà e l’ingestione del cibo vengono regolati da un complesso sistema ormonale, che comprende gli ormoni secreti a livello del tratto gastrointestinale. Fra i composti che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione dell’appetito vi è la grelina, un ormone il cui funzionamento potrebbe essere alterato sia nei casi di obesità che di anoressia nervosa. Diversi studi hanno inoltre dimostrato l’azione dei neuropeptidi tiroidei e della leptina sullo sviluppo dell’anoressia.
Sebbene i fattori scatenanti dell’anoressia non siano stati ancora individuati, l’osservazione empirica ha portato ad identificare alcuni fattori di rischio, fra cui la presenza in almeno un genitore di disturbi dell’alimentazione. A rappresentare un ulteriore fattore di rischio è un ambiente familiare con difficoltà comunicative e repressione della sfera emotiva. In chiave psicoterapeutica, si tende in questi casi a considerare l’anoressia come una forma di comunicazione silente, volta a rendere palese alla famiglia il proprio disagio interiore.
Altro tratto frequentemente riscontrato nei pazienti affetti da anoressia, è un basso livello di autostima. I problemi legati all’idea di sé e alla svalutazione personale, possono essere il risultato di aspettative eccessive covate in ambito familiare da uno o entrambi i genitori, o da frequenti feedback negativi nel proprio sistema sociale. I disturbi dell’alimentazione possono insorgere o aggravarsi in seguito a delusioni relazionali, o a situazioni conflittuali in un rapporto di coppia.
L’appartenenza a determinati gruppi sociali, come ad esempio le ballerine o i ciclisti, può rappresentare un fattore di rischio. Vivere in località dove la magrezza venga percepita come valore sociale o standard di bellezza può favorire l’insorgenza di un disturbo alimentare.
Nel 1936, il terapeuta John A. Ryle notò per primo una correlazione tra l’anoressia nervosa e le delusioni relazionali. Il desiderio di sottoporsi a diete estremamente restrittive può essere dettato dal desiderio di raggiungere un determinato standard estetico, difficoltà di adattamento a nuove situazioni o eventi stressanti, delusioni relazionali, specie se di coppia, difficoltà in ambito lavorativo o scolastico, difficoltà di elaborazione di lutti o incidenti gravi, abusi sessuali e fisici.
A favorire la cronicizzazione del disturbo, è la presenza della dismorfofobia, un’alterata percezione del proprio aspetto fisico che porta i soggetti affetti da anoressia a ritenersi in sovrappeso. La dismorfofobia non è da intendersi come un semplice “errore di valutazione”, ma come un disturbo psicopatologico accessorio che richiede un’attenzione particolare. In alcuni casi, il terapeuta può decidere di concentrarsi su questo elemento in modo da favorire la regressione dei sintomi anoressici come conseguenza della rimozione della dismorfofobia.
L’avvento delle moderne tecnologie ha facilitato il monitoraggio del patrimonio genetico dell’individuo e delle eventuali anomalie nell’espressione dei geni. Secondo diversi studi, il gene 5-HT(2A), sottotipo recettoriale del neurotrasmettitore serotonina, potrebbe risultare alterato durante lo sviluppo e favorire l’insorgenza del disturbo anoressico. I risultati, tuttavia, non sono dirimenti. La componente genetica sembra essere tuttavia confermata dagli studi sui gemelli omozigoti.
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